venerdì 19 febbraio 2010

bellaaa raga

giovedì 18 febbraio 2010

Gli effetti dell'alcool sui neuroni

L'effetto dell'alcool sul sistema nervoso provoca vari problemi che possono causare danni irreparabili, l'assunzione in maniera smisurata di questa sostanza puo essere fatale. Ora elencherò le vari fasi che l'alcool provoca al cervello :

1)Neuropatia periferica: probabilmente legata a deficienza di tiamina (vitamina B1), dato che l'alcolista tende ad alimentarsi poco e male. Si manifesta con torpore, formicolio e parestesia agli arti
(vedi).

2)Degenerazione cerebellare: nel caso in cui la malnutrizione sia costante, si osserva una progressiva perdita dell'equilibrio nel soggetto, sia quando è fermo sia quando cammina. L'atrofia del cervelletto è chiaramente visibile effettuando una TAC o una risonanza magnetica.

3)Deficienze cognitive: molti alcolizzati sperimentano difficoltà di apprendimento per compromissione della memoria, sia a breve sia a lungo termine. Fortunatamente questo handicap scompare, dopo almeno un anno di astinenza, e il soggetto riacquista le sue normali facoltà mentali.

4)Sindromi psichiatriche: nell'alcolista possono manifestarsi depressione, ansia, allucinazioni uditive, illusioni paranoiche. Queste patologie possono persistere per diversi mesi, dopo che il paziente ha smesso di bere, e richiedono cure specifiche.

Prede e predatori

LA PREDAZIONE: è una relazione in cui intervengono due individui, la preda e il predatore. Il predatore è chi attacca, rincorre, cattura e uccide un altro individuo per un motivo ben preciso che è quello di cibarsi e nutrirsi. In genere il predatore è di dimensioni e di forza più grande rispetto alla preda. Noi esseri umani siamo predatori perché mangiamo cereali e carne, ossia altri individui. La preda è chi viene catturato e muore se non si è difeso fuggendo o mimitezzandosi. La difesa è attiva se la preda corre, si mimetizza e passiva come alcune trasformazioni di piante (ad esempio esistono piante che si confondono per sassi). Sia prede che predatori hanno adattamenti particolari alla circostanza, es. il ghepardo per cacciare corre velocemente, l’aquila reale ha una vista accentuata, robusti artigli e grandi ali.
Si parla di prede sia in campo animale che in campo vegetale. Perché un predatore possa esistere devono esistere delle prede. Un esempio di preda sono gli insetti per le piante carnivore, o il leone che caccia la gazzella per cibarsene.



http://www.giardinare.it/dionaea.gif

lunedì 15 febbraio 2010

Sport e genetica


La prestazione atletica dipende purtroppo, oltre che dal livello di allenamento, dalla predisposizione genetica che ci consente di realizzarla.
Se la genetica ci è contro, potremmo fare molto allenandoci ma di certo non potremmo diventare dei fuoriclasse (per lo stesso motivo per cui un mulo non diventerà mai un cavallo).
E' inutile confrontarsi con atleti professionisti la cui prestazione è superiore alla media per predisposizione genetica e/o, haimè, per uso di sostanze dopanti.
Tuttavia quello che è importante puntualizzare è che:
la
resistenza è la qualità fisica che si può migliorare di più con l'allenamento
la forza è la qualità fisica che migliora con maggiore velocità
molto più difficile e complicato risulta il miglioramento della velocità
La predisposizione genetica può incidere al massimo fino al 20-25% nella prestazione finale, ogni ulteriore incremento è dovuto solo ed esclusivamente all'allenamento.
E' inutile quindi giustificare cattive prestazioni con l'alibi della genetica e della predisposizione fisica, è molto più probabile che il motivo alla base dei nostri insuccessi sia da ricondurre ad un programma di allenamento sbagliato.

Tipi di dipendenza

Per tipi di dipendenza, rimangono sotto osservazione alcune "nicchie problematiche" che fanno abuso regolare di sostanze alcoliche. queste nicchie sono spesso legate a fragilità di carattere individuale, psicologico e sociale che possono sfociare in atteggiamenti di alcolizzazione patologica.
Da segnale l'esistenza di episodi, anche tra i giovani, di binge drinking (ovvero il consumo di almeno 5 bevande alconile nel giro di 2 ore lontano dai pasti). il 10% dei giovani nel età compresa tra i 13 e i 24 anni dichiara almeno un episodio di binge drinking negli ultimi 3 mesi ( il 15 % dei maschi contro il 6% delle ragazze). ma per il 5 % dei ragazzi si tratta di un esperienza ripetuta almeno 3 volte. circa il 29% dei giovani tra i 13 e 24 anni ricordano almeno un episodio di ubriachezza nella loro vita. Parlando di alcolismi, possiamo stilare una classifica.
La prima classificazione degli alcolisti che ha tenuto conto degli aspetti sociali, psicologici, medici del bere è quella di Jellink che individuò cinque diverse categorie:
Bevitori alfa: consumatore che beve per disinibirsi, per allentare i propri freni.
Bevitori beta: bevitore occasionale.
Questi due tipi non sono affetti da dipendenza, ma hanno un maggior rischio, rispetto alla popolazione generale.
Bevitori gamma: in questa cattegoria rientrano coloro che perdono il controllo di se. Sono persone che possono fare a meno del alcool, ma nel momento in cui ne iniziano l’uso lo fanno in modo incontrollato.
Bevitori delta: "l'alcolizzato" è predisposto a crisi di astinenza. Spesso necessitano di ricoveri in ospedale a causa delle complicazioni organiche e delle crisi astinenziali, ma nonostante essere appena usciti dall'ospedale tornano a bere.
Bevitori epsilon: il soggetto è un bevitore episodico, con periodi di eccesso (per es. sobrio durante tutta la settimana, ubriaco nel weekend). questi tipi di bevitori possono stare lontani dall'alcool per lunghissimi periodi però quando iniziano a bere esagerano, e bevono in modo incontrollato.
Cloninger facendo altre osservazioni individuò due sottogruppi principali di alcolisti, uno ad eziologia genetico-ambientale, l’altro prevalentemente genetica.
Tipo I: l’esordio dell’alcoldipendenza e dei problemi alcolcorrelati è tardivo (dopo i 30 anni) e raramente accompagnato da comportamenti aggressivi o da complicazioni legali o sociali dovute all’abuso di alcol.
Tipo II: è più frequente nei maschi; ha un esordio più precoce (prima dei 25 anni) ed è legato a problemi sociali e legali. Il contatto con i Servizi sanitari è precoce; spesso in questi soggetti si riconoscono disturbi antisociali di personalità e casi di alcolismo e depressione nei familiari di primo grado.

Altre classificazioni si sono basate sulle caratteristiche di personalità del bevitore:

Bevitore compulsivo: beve ogni giorno fino ad ubriacarsi; dopo aver iniziato a bere, non riesce più a controllarsi. Smette soltanto perché lo stato di incoscienza, la fine del denaro o interventi esterni lo costringono ad arrestarsi. Riesce a trascorrere brevi periodi di astinenza o intervalli fra le bevute, ma il primo sorso di alcol fa immediatamente scattare il comportamento del "tutto o nulla" e continua a bere fino a ubriacarsi. Questo tipo di bevitore tende a colpevolizzarsi, talvolta è aggressivo e desideroso di affetti, ma in fase di intossicazione alcolica può trasformarsi completamente alternando l'aggressività alla depressione.

Bevitore gregario: corrisponde all'alcolista da bar o da trattoria di paese, che di rado perde totalmente il controllo: prende grandi quantità di alcol, ma riesce a smaltirle nelle serate in compagnia. L'alcol ha la funzione di elemento unificante tra i singoli bevitori che, pur avendo personalità diverse, riescono generalmente ad armonizzare tra di loro, a scambiarsi formule semplici per la risoluzione dei problemi del mondo, ad abbracciarsi e ad avere atteggiamenti di intima amicizia. In genere il gregario non soffre di particolari frustrazioni o conflitti in quanto delega al gruppo i suoi sentimenti repressi e i suoi problemi. In questa categoria di bevitori rientrano coloro che bevono per identificarsi in un modello culturale, per esempio gli artisti o gli studenti del campus universitario. Sovente il modo di bere del singolo si adatta a quella del gruppo, tanto che l'uscita da questo può portare anche a una riduzione dell'abuso di alcol; perciò l'appartenente a questa tipologia dovrebbe essere colui che ha la prognosi più favorevole nei confronti del bere.

Bevitore autistico: corrisponde al clochard, al mendicante-assistito, al barbone per vocazione, all'artista introverso e chiuso al mondo. Sono in genere persone emarginate dalla società o per rifiuto o per costrizione, ma che non sono necessariamente "fuorilegge". Vivono grazie all'assistenza o a un'attività minima che consente loro di sopravvivere. L'alcol potrebbe essere il mezzo di consolazione per la situazione vissuta, oppure potrebbe essere stato la causa di questo tipo di vita. Talvolta questo tipo di bevitore vive momenti di grande generosità, di acquisti insensati e di tentativi di mutamento radicale della sua vita. L'alcolismo autistico può anche rappresentare il punto di arrivo di altre forme di alcolismo, soprattutto quando il soggetto subisce un'emarginazione violenta durante il suo percorso di etilista. Questo fa sì che l'appartenente a questa tipologia sia difficile da curare e da disintossicare.

Bevitore solipsistico: corrisponde al professionista che si chiude nello studio e passa buona parte del tempo a bere, soprattutto superalcolici. Questo tipo di bevitore sfoga nell'alcol le tensioni della vita quotidiana, la sua paura di non farcela e di non essere all'altezza.. La società o, a suo tempo, la famiglia contribuiscono a creare la paura di non essere all'altezza, di non essere capace di soddisfare il suo compito e a creare, quindi, una situazione di grande conflitto. Il soggetto spesso diventa alcolista non quando si impegna per soddisfare la sua immagine, ma piuttosto quando si accorge che questa era coatta. Può essere definito un alcolismo da successo, e si può manifestare in tutte le classi sociali quando il punto d'arrivo non è in sintonia con i reali investimenti personali. L'alcolista solipsistico nega la sua dipendenza, la nasconde, se ne vergogna e la giustifica.

Bevitore regressivo: è colui che beve periodicamente, intervallando mesi di eccessi a mesi di bevute normali. È un soggetto che cerca di controllarsi, ma in situazioni a rischio, come in compagnia, a un ricevimento o quando la scelta delle bevande è ampia, difficilmente riesce a mantenere i buoni propositi. Il soggetto insomma è consapevole del problema e pur essendo in grado di autocontrollarsi, si lascia coinvolgere facilmente in situazioni di tipo disinibitorio e di eccesso. La ricaduta lo riempie di vergogna, d'impotenza, ma anche di aggressività.

Bevitore reattivo: incontra l'alcol in conseguenza di una situazione dolorosa, come un lutto, e il tutto assume il carattere di una crisi. Non essendo in grado di reagire diversamente, beve e questo accentua la disperazione che ha scatenato la situazione. La battaglia contro l'alcol diventa particolarmente fallimentare e destinata a cocenti sconfitte, perché l'alcol diviene il mezzo per sopportare, per lenire le paure e il dolore, diventando così un sostituto affettivo gratificante e soddisfacente. Anche la casalinga frustrata e insoddisfatta del suo ruolo corrisponde a questa tipologia di bevitore, perché l'alcol diventa il mezzo compensatorio della situazione a cui non riesce a ribellarsi e diviene una forma di aggressione nei confronti dell'uomo che la fa sentire una donna-oggetto.

Bevitore pulsionale: è colui che, pur bevendo in modo eccessivo se sollecitato emotivamente, pur ricorrendo all'alcol per eludere l'ansia e i conflitti, è consapevole della sua dipendenza, ma cerca l'alcol volontariamente, perché questo assume il significato di sedativo e diventa una fonte di piacere. Anche se è consapevole dei danni che si procura, preferisce bere per affrontare situazioni di tensione o di noia quotidiana. La pulsione di bere è intimamente accettata e lo smettere viene vissuto come un tremendo dispiacere e un progetto sempre futuro. Questa dipendenza ricorda molto quella del fumatore che considera il fumo come una parte del suo vivere normale.Secondo i dati raccolti dall'OMS, l'alcool è la prima causa di morte tra i giovani uomini europei: un decesso su quattro, tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 29 anni, è dovuto al consumo di alcool per un totale di 55 mila morti l'anno a causa d'incidenti automobilistici, avvelenamento, suicidio indotto dal bisogno di liberarsi dall'alcolismo, omicidi legati allo stesso fenomeno.
per quanto riguarda l'italia la situazione non è meno tragica: su 170mila incidenti stradali che si verificano annualmente sulle nostre strade, 50 mila sono attribuibili all'elevato tasso alcolico presente nel corpo , mentre circa la metà delle 6 mila morti causate da tali incidenti riguardano individui giovani. sono gli alcolici, infine, la principale causa di cirrosi epatica.

La clonazione

Con il termine "clonazione" si intende la riproduzione asessuata di alcuni organismi unicellulari, di alcuni invertebrati (platelminti, anellidi, ecc.) o di alcune piante.
Il primo esemplare clonato fu la pecora Dolly, opera di Ian Wilmut che il 5 Luglio 1996 la presentò come un qualcosa di entusiasmante; però bastò poco tempo per far diventare l'evento spaventoso, dunque la clonazione viene interpretata come un capitolo della scienza da ampliare oppure da chiudere.
Gli animali vengono clonati per vari motivi, e uno dei più importanti di questi è usarli per combattere la fame nel mondo, portando più esemplari dove ce n'è bisogno e inoltre renderli più produttivi e forti contro le malattie. Tuttavia questa tecnica non è ben conosciuta perciò gli animali vengono usati come cavie nei laboratori, questo scatena gli animalisti che si battono per proteggerli.
La causa che rende l'argomento così spaventoso è che con questa tecnica si potrebbe intervenire sull'uomo; questo non è ancora stato fatto ufficialmente, ma a quanto pare non manca molto. A favore della clonazione, gli scienziati dicono che la creazione di altri essere umani non dotati di encefalo, potrà tornare utile nel futuro per il trapianto di organi; oppure una coppia che ha perso il proprio figlio, potrà averne un altro assolutamente identico. Questo porterà però a una grande minaccia all'individualità dell'uomo, e non esisterà più la varietà del singolo.

Ogm sconfigge l'anemia?
















Sapevate che i ricercatori del Politecnico di Zurigo, trasferendo due geni vegetali nel riso comune, hanno migliorato la capacità della pianta di assorbire il ferro dalla terra? Si chiamano Christoff Sautter e Wilhelm Gruissem e spiegano su 'Plant Biotechnology Journal' come, grazie alla combinazione della ferritina e della nicotianamina sintasi, i chicchi possano immagazzinare una quantità di ferro sei volte superiore alla norma. Resta da chiarire però,l'impatto che la sua coltivazione potrebbe avere sull'ambiente, inoltre sarà necessario svolgere dei test che ne certifichino la sicurezza.
Il chicco Ogm potrebbe essere una soluzione valida per chi è afflitto da anemia, così come per i paesi in via di svilupp dove si presentano condizioni ambientali ostili alla coltivazione. Il riso è una fonte di alimentazione per un terzo della popolazione mondiale, ma non permette di assorbire sufficienti elementi per risolvere la mancanza di ferro; fatto sta che la società rimane ancora divisa sull'utilizzo di queste procedure. In Italia per esempio, l'Ogm non è visto di buon occhio dalla politica, specialmente dal ministero delle politiche agricole che, con "fierezza italiana", tenta di mantenere la purezza naturale dei nostri prodotti, bloccando assiduamente ogni proposta di avviare le procedure Ogm sugli alimenti tipici del nostro territorio; sembra insomma che, nel nostro paese, rimanga l'ostinato e assiduo bisogno del ''made in Italy", si cerca quindi di mantenere la sicurezza economica che la nostra agricoltura offre, prediligendo sempre la salute dei consumatori e la produttività cospicua degli agricoltori, con i metodi e le tecniche più accurati, vanto assoluto del nostro paese.
L' Ogm quindi, nel nostro paese, rimane e rimarrà un esperimento fallito, un scienza senza speranze insomma, magari avrà un futuro diverso nei paesi meno sviluppati del nostro, e pronti a confrontarsi con compromessi scientifici che possano favorire una crescita maggiore e più facilitata.

Precursori di Mendeleev

In questa pagina di Wikipedia si trova la storia e la vita di Mendeleev e in particolare la storia della tavola periodica e i suoi vari precursori:
http://it.wikipedia.org/wiki/Tavola_periodica

Mendeleev e i primi tentativi di classificazione

Fra i primi scienziati che tentarono di mettere ordine fra gli elementi noti vi fu il chimico tedesco Johann Wolfgang Döbereiner (1780-1849). Döbereiner andò alla ricerca di gruppi di tre elementi le cui proprietà si disponessero secondo una variazione regolare. Döbereiner propose allora la "teoria delle triadi" ma non essendo stato in grado di rinvenire altri gruppi di tre elementi con caratteristiche simili, dovette rinunciare alla teoria così come era stata formulata. In realtà da questo tipo di classificazione non poteva sortire alcun risultato di carattere generale perché essa si limitava all'analisi separata di gruppi di elementi.

Dopo i primi infruttuosi tentativi nella prima metà del diciannovesimo secolo ci si rese conto che sperare di mettere ordine fra gli elementi era illusorio, in quanto vi era molta confusione relativamente ai loro pesi e al numero degli atomi presenti all’interno dei composti. Per fare chiarezza sull’argomento si decise allora di organizzare una conferenza di chimici di tutta Europa.

Nel 1860 fu indetto un convegno internazionale che prese il nome di Primo Congresso Chimico Internazionale e si tenne a Karlsruhe in Germania in cui ebbe notevole successo la relazione di Stanislao Cannizzaro (in foto - vedi su Wikipedia), il quale difese il principio di Avogadro che lui stesso utilizzava per determinare il peso atomico degli elementi con risultati che si erano dimostrati estremamente precisi.

E fu proprio in seguito ai risultati scaturiti dal Congresso di Karlsruhe che il chimico inglese J. A. Reina Newlands (1837-1898) propose un sistema di classificazione basato sul peso atomico. Egli, disponendo gli elementi per peso atomico crescente, aveva notato che, ad ogni otto di essi si ripetevano proprietà simili. Newlands chiamò questa relazione "Legge delle ottave". Disponendo gli elementi in colonne verticali di sette unità quelli simili si venivano a trovare sistemati sulle stesse righe orizzontali. Le triadi scoperte da Döbereiner si posizionavano spontaneamente su righe orizzontali. La sua proposta però venne scartata. Qualche cosa di simile aveva suggerito un paio d’anni prima il geologo francese Alexandre-Émile Béguyer de Chancourtois, ma anche la sua classificazione rappresentata con un grafico a spirale tracciato sulla superficie di un cilindro, la cosiddetta “vis tellurica” , passò inosservata.

Non conseguì miglior fortuna il chimico tedesco Meyer il quale, mettendo in correlazione i pesi con i volumi atomici (in pratica con le dimensioni degli atomi), ottenne un grafico nel quale un certo numero di proprietà fisiche relative ai singoli elementi si ripetevano con regolarità. Egli pubblicò il suo lavoro nel 1870: troppo tardi, perché un anno prima il chimico russo Dimitri Ivanovich Mendeleev (1834-1907) aveva pubblicato un lavoro analogo.

I telomeri

Il telomero è la regione terminale del cromosoma, da cui deriva il nome stesso, composta di DNA altamente ripetuto, che non codifica per alcun prodotto proteico.
Ha un ruolo determinante nell'evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi. La DNA polimerasi, infatti, non è in grado di replicare il cromosoma fino alla sua terminazione; se non ci fossero i telomeri, che quindi vengono accorciati ad ogni replicazione, la replicazione del DNA comporterebbe in ogni occasione una significativa perdita di informazione genetica. Vi sono evidenze che questo progressivo accorciamento dei telomeri sia associato all'invecchiamento della cellula e dell'intero organismo.
Il telomero è composto da sequenze ripetute di DNA e da alcune proteine ed ha la funzione di proteggere le terminazioni dei cromosomi. Ciò impedisce da una parte la degradazione progressiva con rischio di perdita di informazione, dall'altra che tale regione, non presentando una corretta struttura a doppia elica, sia processata come estremità di filamento spezzato, con il rischio di fusione tra due regioni telomeriche di cromosomi diversi.
I telomeri sono estesi dall'enzima telomerasi, che rappresenta una classe di retrotrascrittasi specializzate, presenti in numerosi organismi , ma non in tutti . In particolare, nell'uomo le telomerasi sono attive solo nelle cellule della linea germinale: ciò significa che, ad ogni replicazione, i telomeri umani si accorciano di un certo numero di paia di basi.

Gemelli siamesi

I gemelli siamesi sono una coppia di gemelli identici uniti in una parte del corpo dalla nascita. Il termine "siamese" deriva dal caso più celebre, quello di Chang e Eng Bunker, nati nel Siam nel 1811 uniti al torace da una strscia di cartilagine; i due trasferitisi negli Stati Uniti lavorarono in un circo e si sposarono con due sorelle, dalle quali ebbero 22 figli e vissero fino a 62 anni. Questa malformazione avviene raramente, circa una ogni 120 mila nascite, e a causa della divisione tardiva dell'embrione, perciò i gemelli sono monozigoti e dello stesso sesso. Non si conoscono con precisione le cause ma non sembra essere un carattere ereditario. Attualmente i casi di sopravvivenza da parte di entrambi i gemelli sono pochissimi, solitamente essi muoiono poco dopo la nascita a causa di malformazioni degli organi interni. In alcuni casi i gemelli rimanendo vivi si sottopongono ad un'operazione di separazione; nella maggiorparte dei casi muoiono entrambi per le difficoltà dell'intervento, ma a volte si salvano o tutti due o solo uno.
Le tipologie cambiano a seconda delle parti in cui sono uniti e degli organi che hanno in comune: solitamente si dividono in quelle che coinvolgono o non coinvolgono il cuore e l'ombelico.

Per una galleria di immagini da Google:
http://images.google.it/images?hl=it&source=hp&q=gemelli%20siamesi&rlz=1R2GGLL_it&um=1&ie=UTF-8&sa=N&tab=wi

Chiara Manias e Andrea Saba III° D

Drosophila melanogaster


Il genere Drosophila fu classificato all’inizio del XIX secolo; la specie più nota, Drosophila melanogaster, venne descritta verso la metà del secolo ed è probabilmente originaria delle regioni tropicali. Quasi sicuramente giunse in Europa e negli Stati Uniti in seguito all’importazione delle banane. Il piccolo insetto comparve fra il 1900 ed il 1901 presso l’Università di Hardward, dove C.W.Woodworth vi si dedicò e suggerì a W. Castle che si trattava di un organismo particolarmente adatto per studi in campo genetico.
L’utilizzo in laboratorio di questo insetto, ben presto si rivelò effettivamente adatto alle ricerche di genetica, in quanto l’allevamento risultava molto economico, richiedeva poco spazio (in un primo tempo i moscerini vennero addirittura allevati nelle bottiglie vuote del latte) e soprattutto era possibile ottenere numerosi incroci in breve tempo (da 2 a 3 settimane).
Intorno al 1908, anche Morgan cominciò a lavorare su Drosophila; infatti, in un primo tempo, aveva condotto le sue ricerche sui ratti, ma ben presto li abbandonò a causa dell’elevato costo, dei cicli riproduttivi troppo lunghi e della facilità con cui venivano colpiti da infezioni.
Per condurre questo tipo di ricerca, i moscerini venivano sottoposti ad agenti mutageni (raggi X, sali, onde radio), ma in un primo tempo i risultati non furono quelli sperati.
Nel 1910, tuttavia, comparve un unico individuo maschio con gli occhi bianchi in una popolazione interamente costituita da moscerini con gli occhi rossi.Morgan decise di studiare questa variante e fece accoppiare il maschio "occhi bianchi" con le femmine "occhi rossi".Nella prima generazione filiale (F1) tutti i moscerini avevano gli occhi rossi, ma nella seconda (F2), comparve il classico rapporto mendeliano 3 rossi:1 bianco. Questo indicava chiaramente che il carattere "occhi bianchi" doveva essere un carattere mendeliano recessivo, ma c’era un aspetto particolare: tutti gli individui della F2 che avevano gli occhi bianchi erano maschi. Realizzando poi l’incrocio fra un maschio con gli occhi bianchi ed una femmina della F1, si otteneva di nuovo il rapporto previsto da Mendel, cioè 1 bianco: 1 rosso, ma questa volta con la stessa distribuzione nei due sessi. Per spiegare questi risultati, Morgan ipotizzò l’esistenza di un fattore, portatore del colore bianco degli occhi, che doveva trovarsi negli spermatozoi e lo indicò come W; inoltre, metà dei gameti maschili doveva portare un fattore X per il sesso e l’altra metà no. Il maschio con gli occhi bianchi doveva pertanto essere omozigote per W ed eterozigote per X, cioè WWX, producendo quindi due tipi di gameti: WX e X. La femmina invece doveva essere portatrice per il fattore rosso R, omozigote per X e, quindi, avere genotipo RRXX, con conseguente produzione di gameti tutti uguali, del tipo RX. Dal momento che "occhi rossi" domina su "occhi bianchi", gli individui della F1 (tutti RWXX) dovevano avere tutti gli occhi rossi, mentre nella F2 potevano nascere individui WWX, cioè maschi con gli occhi bianchi. In accordo con questa ipotesi, i maschi con gli occhi rossi dovevano avere un genotipo RRX, ma i dati non confermarono le previsioni: incrociando un maschio con gli occhi rossi con una femmina con gli occhi bianchi, si ottennero tutti maschi eterozigoti per R e tutte femmine omozigoti per R.
Il problema era quindi il seguente: come mai nelle popolazioni non comparivano tante femmine con gli occhi bianchi quante ci si aspetta di trovarne? Per risolvere il problema, Morgan introdusse un’ipotesi ulteriore: il fattore R deve essere legato inscindibilmente con il fattore per il sesso, per cui le femmine (che hanno due X) devono essere RRXX, mentre i maschi (che ne hanno una sola) devono essere RWX. La nascita del maschio con gli occhi bianchi doveva essere quindi causata dagli agenti mutageni che avevano modificato, in un uovo, RX in WX, portando ad un individuo WWX.
Per maggiore semplicità nella simbologia, Morgan, ipotizzò che il colore bianco degli occhi fosse provocato dall’assenza del fattore per il colore: WX diventa quindi OX. In conclusione Morgan ammise che R e X dovevano essere combinati e che non potevano esistere indipendentemente l’uno dall’altro. Nonostante questi risultati, Morgan rimaneva piuttosto scettico nei confronti del nesso cromosomi-ereditarietà e continuava parlare di un fattore X piuttosto che di un cromosoma X, in quanto reputava il differenziamento sessuale un fenomeno troppo complesso per essere legato ad una piccola struttura come quella del cromosoma. Ad incrementare le difficoltà c’erano anche le scoperte genetiche condotte da Bateson e Punnett su Abraxas, che dimostravano la presenza dell’eterozigosi nelle femmine e non nei maschi: era esattamente l’opposto di ciò che era emerso dalle ricerche su Drosophila. Nello stesso anno, però, Morgan trovò altre due mutazioni legate al sesso ("corpo giallo" e "ali miniatura"); questo rafforzò l’idea che dovessero esistere dei fattori per questi caratteri sul cromosoma X.
Il passo successivo consisteva nel dimostrare che i tre caratteri legati al sesso si trasmettevano insieme, senza mai separarsi. Tuttavia, nei successivi esperimenti, Morgan si accorse che in alcuni casi avveniva una ricombinazione di questi caratteri e che, quindi, non si poteva parlare di associazione completa. Ormai appassionato e deciso ad arrivare in fondo, Morgan costituì un piccolo gruppo di scienziati, che portò avanti la ricerca con grande passione. Un po’ per volta vennero definite le leggi della genetica classica e si giunse al modello della "collana di perle" secondo cui i geni si dispongono sui cromosomi uno dopo l’altro come le perle sul filo di una collana.

Dominanza incompleta

In genetica si parla di dominanza incompleta quando due allele è dominante sull'altro, ma non in modo completo. Ne consegue che l'altro allele ha possibilità di esprimersi, anche se in misura minore rispetto all'allele dominante. Il fenotipo manifestato dall'eterozigote è un fenotipo intermedio tra quelli dei due omozigoti(dominante e recessivo).Per esempio poniamo di essere di fronte a una popolazione di piccoli mammiferi la cui sopravvivenza sia dovuta in gran parte alla capacità dell'individuo di mimetizzarsi. Poniamo di trovare al locus del mimetismo due alleli, denominati A e a. Sappiamo che l'allele A (l'allele favorevole al mimetismo) è dominante su a, ma non completamente. Poiché il genotipo dell' animale è dovuto alla combinazione di 2 alleli, gli individui della popolazione possono avere al massimo variazioni di genotipo: Genotipo AA: omozigote in cui compare solo la caratteristica dell'allele favorevole al mimetismo. L'animale è in grado di mimetizzarsi perfettamente grazie al colore del suo mantello. Ha probabilità di sopravvivenza massima. Genotipo Aa: eterozigote che presenta caratteri intermedi. In sopravvivenza sarà avvantaggiato rispetto a aa, ma svantaggiato rispetto a AA. Il colore del mantello farà mimetizzare l'individuo, ma non bene come l'omozigote favorevole. La sopravvivenza sarà inferiore di una qualche proporzione. Genotipo aa: omozigote in cui compare solo la caratteristica sfavorevole. Il mantello non sarà mimetico e le possibilità di sopravvivenza dell' individuo saranno minime.

Drosophila Melanogaster

Ecco il link sulla Drosophila melanogaster preso da Wikipedia.

L'albinismo

L'albinismo è un'anomalia ereditaria consistente nella deficienza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell'iride e nella coroide, nei peli e nei capelli.
L'albinismo è un fenotipo recessivo e pertanto si manifesta in individui nati dall'incrocio di due genitori entrambi albini o eterozigoti.
Coloro che sono affetti da albinismo posso subire danni esponendosi alla luce.
L'albinismo oculo-cutaneo si manifesta in un neonato su 35.000.
L'albinismo oculare si manifesta in un neonato su 15.000.
L'albinismo totale è molto raro ed è caratterizzato da pelle bianchissima, capelli quasi bianchi o giallo paglierino e occhi grigio-bluastri.
L'albinismo parziale, più frequente, è la mancanza di pigmentazione è di solito limitata a piccole zone come un ciuffo di capelli o un solo occhio.
L'albinismo è frequente non solo negli umani, ma anche in vari mammiferi come pesci, rettili e si verifica anche nelle foglie e nei frutti di piante e fiori.

Malattie genetiche

Una malattia genetica è una patologia la cui causa è determinata dal genoma dell'individuo; può essere dovuta alla presenza di uno o piu alleli, che producono polipeptidi con struttura e funzionalità anomala o alla malregolazione nell'espressione di geni normali.
La maggior parte delle malattie genetiche sono anche ereditarie, cioè si trasmettono da uno o entrambi i genitori a una parte o alla totalità della prole; in altri casi la malattia genetica può derivare da un eccesso di cromosomi. La patologia più nota è quella della Sindrome di Down: si tratta di mutazioni che danno origine alle classiche malattie genetiche che sono caratterizzate da ORF mutate che danno a loro volta origine a proteine modificate, come ad esempio emofilia, beta-talassemia, alfa-talassemia e altre 8.000 malattie. Tra le malattie genetiche esistono casi rari come per esempio amaurosi congenita di Leber che è una malattia ereditaria che colpisce la retina, provocando cecità e grave danneggiamento alla vistafin dall'infanzia. E' la causa più frequente di cecità infantile ereditaria, con un'incidenza di 3 casi ogni 100.000 nati vivi. Nel 10 % dei casi la malattia è causata da mutazioni del gene RPE65. La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: perchè la malattia si manifesta, occorre ereditare le due copie alterate del gene coinvolto da entranbi i genitori. Non esistono protocolli terapeutici definitivi. Risultati incoraggianti si sono però ottenuti in alcune sperimentazioni cliniche di una terapia genetica per la malattia causata da mutazioni di RPE65. Nessuna persona è riuscita a recuperare completamente la capacità visiva, ma la metà di loro ha migliorato il proprio stato, tanto da non essere piu considerate cieche.

Il nostro Intervento su... Mendeleev

In questo sito potete trovare tutte (o quasi) le informazioni utili sulla Tavola Periodica prima e dopo Mendeleev:

http://www.cosediscienza.it/chimica/01_sistema%20periodico.htm

Sitografia su Mendeleev

Ecco a voi una sitografia, spero buona, su Dmitrij Ivanovic Mendeleev, ovvero lo scienziato russo che inventò la tavola periodica, che utilizziamo ancora oggi per la classificazione degli elementi.

http://belkosta.narod.ru/mendeleev/mendeleev.htm
Con questo link potrete vedere un sito, nel quale è riportata molto dettagliatamente la vita di Mendeleev

http://www.minerva.unito.it/chimica&industria/sistemaperiodico/TabellaSemplice.htm
Questo link porta ad un sito (molto simpatico tra l'altro) nel quale viene riportata una tavola periodica, dove cliccando alcuni degli elementi si arriva ad alcune immagini e a una breve descrizione dell' elemento selezonato.

http://www.villasmunta.it/chimica/nonpub/tavola_periodica.htm
Questo link porta a un sito nel quale vi è una descrizione molto dettagliata della tavola periodioca.

http://it.wikipedia.org/wiki/Dmitrij_Ivanovi%C4%8D_Mendeleev
Classica wikipedia, che ci mostra la vita e le ricerche portate avanti dal russo Mendeleev

http://www.minerva.unito.it/Storia/Mendeleev/MendeleevIndice.htm
Questo link porta a un sito nel quale cè una breve descrizzione sulla scienza di mendeleev , però ci sono molti link che portano ad altre pagine complete di molte informazioni sullo scenziato russo.

http://www.ilpalo.com/chimica-scienza-chimici/la-tavola-di-mendeleev.htm
Questo link porta ad un sito dove è riportata una descrizione piuttosto dettagliata riguardo le tavole di Mendeleev .

Luca Piro

L' evoluzione della tavola periodica


La tavola periodica degli elementi è lo schema con il quale vengono ordinati gli atomi sulla base del loro numero atomico Z, questa fu ideata dal chimico russo Dimitrij Mendeleev nel 1869.
Nel corso degli anni a partire da questa prima tavola creata dal russo si è giunti, anche se con variazioni, a quella utilizzata ancora oggi.

La tavola originaria fu creata prima della scoperta delle particelle subatomiche o della formulazione delle teorie attuali per quanto riguarda la meccanica quantistica e l'atomo.